Mentre le migliori società tecnologiche costituiscono un quarto dello S&P 500 e quasi la metà del Nasdaq 100, la “paura” relativamente più alta nel VXN indica che ci sono alcune preoccupazioni sul futuro dei Big Tech ma non abbastanza da renderlo concretamente volatile e imprevedibile, come quando è scoppiata la pandemia a livello globale.
La preoccupazione per i Big Tech può essere riassunta da due iniziative che potrebbero benissimo precisare come andranno le cose in questo settore:
- La Federal Trade Commission degli Stati Uniti ha confermato a metà settembre che stava valutando la possibilità di intentare una causa antitrust contro Facebook entro la fine del 2020.
- Il 21 ottobre il governo federale degli Stati Uniti ha intentato una causa antitrust contro Google, insieme a 11 stati governati dai repubblicani, sostenendo che la società stava soffocando la concorrenza per mantenere la sua posizione sul mercato.
Si può anche presumere che le azioni di Twitter ed il comportamento ben documentato dei suoi dirigenti sarebbero motivo per una serie di azioni legali contro la società, che potrebbero benissimo includere il punto di vista dell’antitrust a causa della sua posizione dominante sul mercato.
All’inizio di maggio di quest’anno, sia in Canada che negli Stati Uniti erano in corso i preparativi per presentare una serie di azioni legali contro Amazon con l’accusa per la società di aver violato le leggi sulla concorrenza, penalizzando i venditori terzi che offrono i loro prodotti a prezzi inferiori su altre piattaforme. Anche questo porta con sé la minaccia di contenzioso antitrust che potrebbe essere perseguito dal governo (Nota: il CEO di Amazon Jeff Bezos è anche il proprietario del Washington Post, un giornale fermamente anti-Trump in cui accuse di inesattezze e pregiudizi si sono intensificate in seguito all’acquisto da parte di Bezos).
Questa recente serie di azioni segna un cambiamento epocale nell’ideologia repubblicana, tradizionalmente a favore della deregolamentazione per quanto riguarda gli interessi aziendali. D’altra parte, i Democratici – una volta convinti sostenitori della posizione esattamente opposta – si sono fermati prima di sposare questa forma di intervento normativo sui Big Tech durante questa campagna elettorale. L’unico ostacolo si è rivelata la senatrice Elizabeth Warren, la cui proposta per dividere i Big Tech non ha trovato acquirenti tra i principali contendenti democratici, tra cui Joe Biden e il suo candidato alla vicepresidenza, la senatrice Kamala Harris.
Non è un grande sforzo presumere che, se i Democratici vincessero, l’azione antitrust proposta avrebbe un impatto minimo o nullo sul dominio del mercato dei Big Tech. D’altra parte, se ci fosse una disgregazione dei Big Tech, ci sarebbe una rivitalizzazione dei sotto-settori dei Social Media, delle vendite al dettaglio online e della ricerca sul settore Tech, a lungo monolitici.
Sotto l’amministrazione Trump, non è stato offerto alcun aiuto sostanziale al settore finanziario. La situazione potrebbe benissimo cambiare sotto Joe Biden, che per molto tempo ha ricevuto sostegno per la sua campagna da nomi di spicco del settore dei servizi finanziari.